Puliamo il parco!

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CAT_IMG Posted on 28/6/2011, 16:52
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Nel mio mondo di bambina, dove gli alberi erano blu e le farfalle rosa dipingevano il cielo di varie allegre tonalità, non esisteva l'inquinamento. Era una cosa che proprio non sopportavo. Perchè l'uomo impiegava secoli per inventarsi oggetti utili come il cestino della spazzatura, e poi si rifiutava categoricamente di usarli? Forse ero solo un'illusa, ma ero convinta che tutto quello servisse. Ma a quanto pare ero l'unica a pensarla così. Ma non disdegnavo l'inquinamento solo perchè mi trovavo con la schiena a pezzi costretta a dover utilizzare un bastone con la punta acuminata per raccogliere lattine e mozziconi di sigaretta radunandoli in un enorme saccone nero per ripulire il parco e saldare il mio debito con la giustizia, per una piccola parte. Anche se dovevo ammettere che non era una posizione piacevole la mia e che chiunque al mio posto si sarebbe presto proclamato ecologista. La cosa più sgradevole della mia "punizione" non era il dover passare del tempo a fare ciò che non avrei mai fatto, nè il dover raccogliere sporcizia puzzolente. La cosa peggiore era dover indossare quella sorta di muta arancione: mi sentivo come gli ebrei che nei campi di concentramento dovevano indossare intorno al braccio quella famosa striscia di pezza con su raffigurata la stella di David. Quel colore sgargiante attirava gli sguardi attenti ed incuriositi delle persone che mi fissavano schifati, o forse solo spaventati, chiedendosi quale terribile misfatto avessi compiuto per trovarmi lì. Ed anche se l'estate era finita ormai da un po', si soffocava con indosso i vestiti e sopra quelli la tuta da "detenuta". Alla piccola pausa di quel pomeriggio mi ero piegata un po' troppo e mi si era strappata proprio al centro, all'altezza dell'ombelico. Avevo dovuto rattoppare il tutto con un piccolo cuore rosa di stoffa che mi avevano dato dalla cassetta delle emergenze. Ed io non ero esattamente il genere di persona che amava i cuori, le stelle e gli unicorni volanti. Sbuffai tirandomi su i capelli e raccogliendoli in una coda, ovviamente dopo essermi tolta i guanti. Cominciavo ad avere davvero caldo, ed il nostro sorvegliante mi guardò male come se fino ad allora non avessi fatto niente e stessi battendo la fiacca. Non era così. Mi poggiai le mani sui fianchi e ressi il suo sguardo. Dovevo averlo spaventato perchè fece finta di niente voltandosi a controllare le altre. Non avevo legato molto con le mie "compagne" perchè ero lesbica, e si era sparsa la voce, così che chiunque mi circondasse iniziasse a temere che potessi allungare le mani. Non avrei stuprato nessuna di loro, potevano stare tranquille! Per chi diavolo mi avevano presa? Era stato tutto un errore, io non sarei mai dovuta finire in un posto simile. Nella mia vita, non avevo mai fatto del male a nessuno. O almeno non volontariamente. Il fatto che alla fine riuscissi in ogni modo a ferire le persone prescindeva dalla mia involontarietà di farlo. Come con Melissa, mia sorella...mai l'avrei ferità, ed alla fine mi ero ritrovata al centro del problema, ero l'occhio del ciclone. Non ci eravamo parlate per mesi dopo il misfatto. Il suo ex ragazzo non mi era neanche mai piaciuto. E non solo dal punto di vista fisico, anche caratterialmente non eravamo affini, e lo dimostrava il fatto che mi avesse baciata senza ripensamenti il giorno del compleanno della sua ragazza, senza neanche il mio consenso! Più ci ripensavo, e più mi innervosivo. Mi rimisi i guantoni da falegname, e tornai a percorrere la strada del parco, cercando di evitare le zone troppo soleggiate e prediligendo quelle ombrose create dalle chiome degli alberi. Amavo il parco, davvero. Avrei potuto passare la mia vita là, sdraiata sull'erba verde e fresca, a sonnecchiare all'aria aperta, guardando le nuvole e cercando di capire cosa rappresentassero, e disegnando senza pensieri negativi. Purtroppo non era quello il mio destino. Io ero quella che spacciava droghe, e che sfruttava la debolezza delle persone, ed ero quella che avrebbe dovuto compiere ancora 203 ore di servizi socialmente utili. Oh, pardon, 202 ore.
 
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brittänÿ
CAT_IMG Posted on 28/6/2011, 17:12
















BRITTANY SUSAN PIERCE
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era iniziata da pochissimo la scuola, si da un giorno. ma durante quel giorno avevo già temuto che la coach potesse davvero fare fuori quelle tenere e deboli uova che avevo nella sacca scaraventandola a terra per il fatto che non portassi la mia divisa. l'avevo dimenticata a scuola okay? che ne sapevo che quel giorno fosse stato l'ultimo, non ci ho mai capito niente dei calendari, non capivo come le parole potessero mischiarsi con quei tanti numeri. ma tornando a noi, a casa non ci sarei mai stata, era un pomeriggio tranquillo e di sole. scesi rumorosamente e rapida le scale di casa ed atterrai in cucina dove misi qualche panino in una borsa poi, con ancora indosso la divisa dei cheerios, mi fiondai fuori dalla porta diretta verso il parco. mia madre odiava quando andavo al parco con la tenuta delle cheerleader, odiava dover pulire quelle scarpe bianche che ogni volta tornavano a casa miste di verde e marrone. quando arrivai al parco mi avvicinai come sempre a quel mio adorato laghetto, spesso passavo da quelle parti per dare da mangiare agli anatroccoli, la mia piccola ducky aveva bisogno di me ed il mio pane, le avevo promesso che sarei andata spesso a trovarla in modo da nutrirla. beh, la maggior parte delle volte non ci andavo da sola, ma arrivata a casa avevo lanciato il cellulare sul letto, l'avevo in mano e mi dava fastidio, dopo essere tornata in camera non c'era più, c'era solamente lord tubbington. le cose sono tre: o l'aveva mangiato, o ci si era addormentato sopra, o lo aveva nascosto in modo che io potessi perdonarlo del fatto che avesse ricominciato a fumare solamente per riaverlo. ma non mi avrebbe imbrogliato, assolutamente no. dopo aver sparso qualche briciolina vidi arrivare sia pesciolini che anatroccoli verso di me. con un sorriso li guardai qualche istante, ditribuendo loro ancora qualche briciola, poi mi voltai sedendomi su quel contorno roccioso del lagetto. sgranai gli occhi quando vidi delle persone vestite di arancione ingiro per il parco. erano ovunque, le vedevo raccogliere cose e gettarle in un enorme sacco nero. eravamo certamente sotto un attacco nemico, che gli alieni abbiano deciso di fare irruzione sulla terra proprio attraverso il nostro parco? lasciai il sacchetto con i panini appoggiato al laghetto per poi dirigermi verso una di loro. andiamo brittany, ce la puoi fare, nel peggiore dei casi le fatine sapranno come aiutarti, non ti preoccupare avevo bisogno di incoraggiamento, tutti gli altri alzavano di tanto in tanto lo sguardo guardandoli male. arrivai vicino ad una ragazza, ma prima che potessi raggiungere la sua spalla con un timido dito si abbassò per raccogliere qualcosa. sgranai nuovamete gli occhi indietreggiando appena, poi mi feci definitivamente coraggio. scusa dissi per poi abbassare appena il capo e guardarmi ingiro non soffermandomi mai sul suo volto. sei un alieno? continuai incuriosita ed innocente. mantenni il capo basso ma alzai poi lo sguardo in modo da vederla in volto.
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CAT_IMG Posted on 28/6/2011, 17:43
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C'erano essenzialmente tre cose che amavo del parco. La prima erano le ragazze che correvano seminude incuranti del tempo e delle persone che le circondavano, me compresa, che potevo passare inosservata mentre lanciavo occhiate in qua e là. Di fatto odiavo quel genere di persona, perchè erano loro quelle che creavano stupidi stereotipi riguardanti il fisico, i modi di essere e le mode delle persone. C'era stato un periodo dove tutte le ragazze si tingevano i capelli, facendosi bionde perchè convinte che il modello Barbie fosse quello vincente. E denigravano chi invece si rifiutava di tingersi i capelli per il semplice gusto di assomigliare ad una bambaola. La seconda cosa che mi piaceva del parco era il frappuccino squisito che facevano ai vari chioschetti sparsi tra gli alberi. Erano solo delle imitazioni dei veri frappuccini inventati da Sturbucks, ma molto più buoni e a prezzi super vantaggiosi. Avrei potuto uccidere per un frappuccino. E detto da me sembrava davvero una minaccia, perchè ogni frase suonava in modo diverso dal normale se indossavi una tuta arancione, come la mia. La terza cosa che amavo del parco era il silenzio, calmo e confortevole, interrotto solo dagli uccellini che fischiettavano nel cielo, e dai bambini gioiosi che giocavano a rincorrersi sull'erba.
Peccato che quel giorno non corresse nessuna bella ragazza, ma solo dei megafusti che non avevano bisogno di tanto moto, e che si mettevano in mostra togliendosi la t-shirt o bagnandosi sotto ingenti fonti d'acqua che pagavamo noi tutti come normali cittadini. Gli sprechi mi facevano impazzire. Forse perchè adesso mi ero accorta di quanto fosse dura avere il minimo indispensabile. Inoltre non potevo prendermi una pausa frappuccino, perchè non ero al lavoro, e non avevo diritto ad una pausa caffè quando più mi aggradava. E terzo punto...adesso non vigeva più neanche il meritato silenzio. Una voce tutto sommato dolce e sommessa infatti mi fece sobbalzare. Ormai funzionava così: la dolcezza spaventava, la maleducazione di un urlo era entrata nella norma. Mi voltai, e mi ritrovai di fronte una ragazza bionda vestita da cheerleader che vagava con lo sguardo altrove e che mi pose una strana domanda. Ero un alieno? La guardai negli occhi, stringendomi nelle spalle ed appoggiandomi col peso del corpo al bastone che poggiai alla sua estremità appuntita a terra. Dovevo capire se fosse uno scherzo o cosa. Sicuro era che quella domanda mi aveva stupita e non capitava tutti i giorni che non sapessi cosa rispondere, e come rispondere.
Più precisamente una marziana. Non si nota dal colore della tuta? E tu invece devi essere una terrestre. Ero ironica? Ovviamente. Che altro avrei dovuto rispondere? Non riuscivo ad essere volgare ed isterica, anche se nessuno mi avrebbe biasimata se le avessi dato un pugno o se l'avessi mandata via in malo modo. Semplicemente, non rientrava nel mio modo di essere quello. Avevo classe, e quella non spariva neanche se mi obbligavano ad indossare una tuta arancione ed un paio di guantoni da uomo più grandi di almeno 4 taglie rispetto alla misura delle mie mani. Piuttosto mi limitai a scherzare accennando un piccolo sorriso, incurante delle occhiatacce del nostro sorvegliante, che di nuovo avrebbe segnato sul suo registro che ero una scanzafatiche e che non prendevo sul serio il mio lavoro. Mi odiava, e questo solo perchè avevo fatto valere i nostri diritti contro loro dirigenti e supervisori che non riuscivano a svolgere correttamente il loro stupido lavoro. Avevo avuto ragione, e lui adesso mi odiava. Ma non per questo mi sarei fatta chissà quali problemi. E poi era quella ragazza che si era avvicinata a me, e non viceversa, quindi non poteva accusarmi di niente. Ora invece a preoccuparmi era l'intento di quella ragazza: intendeva continuare quella sorta di barzelletta sul mio essere alieno? Speravo di no perchè il gioco era bello quando durava poco, e non aveva molto senso quello che mi aveva detto. Nè, a voler dire la verità, quello che io le avevo risposto rimarcando forse il fatto che lei fosse una terrestre nel senso di "molto umana". Da quando in qua le cheerleaders potevano andare in giro vestite con quella roba? Per quanto ne sapessi io, era vietato indossare l'uniforme fuori dalle pubbliche manifestazioni o dagli allenamenti. Probabilmente cercava solo un modo per farsi notare. Ormai per avere quei dieci minuti di fama si faceva qualunque cosa. Non guardavo la televisione commerciale da quando avevo nove anni proprio per quello.
 
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CAT_IMG Posted on 28/6/2011, 17:59
















BRITTANY SUSAN PIERCE
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le riservai uno sguardo timido, impacciato, mentre arricciai le labbra in attesa della sua risposta. il cuore intanto aveva preso a battere a mille, come se in quel momento mi aspettassi solamente una buffa astronave scendere in picchiata per risucchiarci entrambe in un fascio di luce. feci ballare ancora una volta lo sguardo come se in qualche modo volessi accertarmi del fatto che potessero esserci davvero le fatine prote ad aiutarmi. Più precisamente una marziana. Non si nota dal colore della tuta? E tu invece devi essere una terrestre. quando mi rispose non potei fare altro che aggrottare le sopracciglia. ci misi un attimo per realizzare quelle sue parole. in quell'arco di tempo speso in mille pensieri pensai a quel termine che aveva usato, terrestre, io ero una terrestre. mi aveva forse detto una cosa del genere per farmi arrabbiare? era un insulto. pensai davvero molto alla cosa, alla fine realizzai cosa volesse dire, vagai per quei pochi minuti di lezione di astronomia a cui ero stata attenta. terrestre stava ad indicare chi viveva sulla terra, ed io vivevo sulla terra, quindi fino a qui ci siamo, ma lei era una marziana? alzai il capo osservandola poi lo scossi appena in modo da rendere l'idea che stessi pensando ad un no. quindi ti chiami marzia? non hai la faccia da marzia affermai scrutandola attentamente, studiando quei lineamenti del suo volto. inclinai poi il capo leggermente sulla sinistra e nell'osservarla ancora intensamente capii ancora di più quando il suo volto non fosse affatto da marzia. alzai e riabbassai le spalle rassegnandomi della cosa poi le porsi la mano. io sono brittany trillai diventando all'improvviso allegra, una mina vagante. mi presentai con un grande sorriso in volto.
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CAT_IMG Posted on 30/6/2011, 13:20
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Partiamo dal presupposto che io non ero molto abile in quelle cose. Per esempio, non riuscivo a stabilire il nome di una persona solo dal suo volto. Il fatto che non avessi una faccia da Marzia, però, mi pareva un complimento perchè non mi sembrava un nome così tanto bello, e quindi attribuivo, nel mio inconscio, un aspetto poco rasserenante ad una di nome Marzia. Oh, insomma, ma a cosa stavo pensando? Quella biondina mi stava solo confondendo le idee. Scossi la testa e tornai a guardarla. Mi sentivo in soggezione perchè mi stava scrutando, fissandomi imperterrita ed aggrottando la fronte poco convinta della mia risposta precedente. Chiarire che stessi scherzando mi sembrava inutile, perchè era ovvio, e perchè se non l'aveva ancora capito, dubitavo che avrebbe intuito il senso della mia battuta. E non ebbi neanche il tempo di ragionare che mi ritrovai a guardare la sua candida mano porsa verso di me, mentre con una voce squillante, da perfetta cheerleader, mi si presentava dicendomi il suo nome. Si chiamava Brittany. Wow. Che fantasia. Ok, forse ero un po' troppo rigida nella selezione dei nomi. Potevo ritenermi fortunata se pensavo che non avrei mai avuto figli, dato che la nostra legislazione ce lo impediva, e dato che non ero tanto famosa e potente come Elton John da potermi "comprare" un diritto simile. In realtà ero sicura che quello mi sarebbe sempre mancato nella mia vita, ma ero fiduciosa, anche perchè sognavo di diventare una vera giornalista un giorno, e poter denunciare ancora la discriminazione sessuale che avveniva un po' ovunque.
Arianne, piacere. Per curiosità, cosa ci fa una cheerleader fuori dalla palestra?
Mi tolsi il guantone da giardiniere che mi avevano dato così da liberare la mia mano più piccola di quell'involucro appiccicoso ed eccessivamente pesante per quella stagione. Le strinsi leggermente la mano che mi aveva porto ed accennai un sorriso di rimando. Non credevo che raccogliendo immondizia avrei mai stretto la mano a qualcuno. Non per presentarmi almeno. Era una piacevole novità che allietava una giornata cominciata male. Quel nostro formalismo perdurò per qualche attimo, poi ritrassi la mano ed il braccio togliendomi anche l'altro guanto, godendomi finalmente un po' d'aria sulle mani. Già: niente smalto, niente unghie perfette, niente pelle ultraliscia. Non potevo permettermi certe cose. Non sarebbero durate neanche mezza giornata ai lavori socialmente utili. Quindi preferivo evitare di perdere tempo. E poi non mi sarei mai sentita a mio agio con le unghie colorate, neanche se avessi dovuto indossarci sopra un paio di guanti ultraspessi come quelli. Piuttosto ero incuriosita da lei. Non capitava tutti i giorni che qualcuno si avvicinasse a noi, raramente qualcuno ci rivolgeva la parola, ma la cosa sconcertante era che MAI una cheerleader si sarebbe avvicinata ad una come me. Ne andava della sua reputazione, ma Riccioli D'oro sembrava infischiarsene di tutto quello, occupata com'era a fantasticare con il naso tra le nuvole pensando ad alieni ed altre stramberie simili.
 
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CAT_IMG Posted on 2/7/2011, 17:18
















BRITTANY SUSAN PIERCE
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mi strinse la mano, poi la osservai togliersi anche l'altro guantone. azzardai un passo verso di lei allungando un braccio per sentire il guantone con un dito. era gigante, mi aveva incuriosito per il fatto che da quel coso gigantoso fosse spuntata una mano decisamente più piccola, e tra l'altro era anche strano, troppo duro. i miei guanti erano così piccoli e morbidi, poi erano anche molto colorati, quello invece no. inclinai un istante il capo, poi spostai lo sguardo dal guantone, nuovamente al suo volto. Arianne, piacere. Per curiosità, cosa ci fa una cheerleader fuori dalla palestra? a quella sua domanda abbassai il capo verso di me, si, stavo indossando la divisa delle cheerios. con la coda che ballava da tutte le parti alzai lo sguardo scuotendo il capo ad un cenno di "no". arrivata a casa non avevo voglia di cambiarmi, e poi stavo.. non feci in tempo a finire la frase che quando voltai il capo vidi le oce tutte fiondate sul sacchetto che avevo lasciato vicino al laghetto. alzai una mano facendo segno alla ragazza di aspettare. scusa, non voglio diventino come lord tubbington! esclamai per poi scappare verso di loro. quegli animali spaventati tornarono dentro al laghetto così io raccolsi il sacchetto semi distrutto osservandolo penzolare, ondeggiando leggero seguendo il vento. avevo fatto proprio un bel casino, a terra c'erano tutte le briciole sparse, così mi abbassai, incastrai il sacchetto tra alcune pietre in modo che no volasse per poi iniziare a raggruppare le varie briciole rimaste da mettere poi nel laghetto.
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CAT_IMG Posted on 3/7/2011, 13:43
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Squadrai bene la ragazza mentre si avvicinava guardinga per toccare il guantone che avevo in mano. Era un normalissimo guantone se non fosse per il fatto che fosse enorme per le mie mani di fata, che fosse duro e che mi rendesse impacciata come un robot. Però c'era un motivo per cui dovessimo indossarli: non era piacevole toccare la sporcizia a mano nuda. Ecco perchè forse non avrebbe dovuto toccare quel guanto. Ma non ebbi il tempo di avvertirla che lo aveva già fatto, così tacqui tenendo per me i tremendi dubbi igienici. E intanto realizzai che quella ragazza era totalmente strana. Io avevo passato la vita a sentirmi dare della strana. Mi piacevano le ragazze e non era normale secondo lo stereotipo di mondo etero. Spacciavo droga, e non era normale neanche questo per chi giudicava. Ma ditemi, era forse normale essere costretta a cambiare orientamento sessuale? O forse era più normale dover morire di fame o dover cambiare vita perchè esistevano persone pronte ad ingannare il prossimo? Lo so, avevo sbagliato, ma non ero pentita perchè quella mi era sembrata l'unica soluzione possibile in un momento come quello. Ascoltai intanto la sua risposta cinguettante, mentre mi raccontava la storia della sua tuta. A dirla tutta non mi importava realmente sapere perchè cel'avesse addosso. Volevo solo capire perchè si trovasse lì e mi stesse rivolgendo la parola, ma il mio discorso era troppo implicito. D'improvviso la ragazza alzò una mano e scappò. La seguii con lo sguardo rimanendo sempre più stranita dal suo comportamento. Non sapevo neanche chi diavolo fosse lord tubbington! La vidi correre verso un sacchetto pieno di briciole che prontamente furono rovesciate a terra. Oh, cavolo! Proprio adesso che pensavo di aver finito. La ragazza si mise a radunarle, impresa impossibile da fare con le mani. Presi la mia scopa e mi avvicinai a lei.
Lascia ci penso io. Con due colpi di scopa gettai le varie bricioline nel laghetto. Di solito non si poteva fare niente del genere, ma quelle oche avevano fame, e comunque ormai erano sprecate quelle briciole. Gli animali sembrarono ringraziarmi con qualche squamazzo divorando in pochi attimi ogni impurità dalla superficie del laghetto. Ci raggiunse un fischio stridulo e violento. Lo conoscevo fin troppo bene ormai quel suono. Era il nostro "guardiano" che ci segnalava la fine della giornata lavorativa. Mi avvicinai a lui e lasciai nel cestone i guanti e la scopa mentre quello di rimando mi squadrò come se potessi aver nascosto qualcosa sotto la maglia. Potevano stare tranquilli, non avrei rubato niente di quegli attrezzi. Avevo altro di meglio a cui pensare e per di più non volevo finire di nuovo in prigione. Tornai nelle vicinanze di Brittany. La strana Brittany. Una delle poche che mi rivolgeva la parola da giorni.
Ho fame. Ti va un frullato, o qualcosa del genere? La stavo invitando solo per gentilezza. Ero lesbica, si, ma non mi innamoravo tanto facilmente, e sebbene la mia potesse sembrare una tecnica di approccio, chi mi conosceva sapeva che non avrei mai fatto niente del genere. Non così conciata, offrendo un frullato. Non mi sentivo brutta, per i miei canoni, ma chiunque si sarebbe sentita meno donna con quella tuta arancione, i capelli raccolti e delle scarpe da giocatore di basket.
 
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CAT_IMG Posted on 3/7/2011, 15:58
















BRITTANY SUSAN PIERCE
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tentai in tutti i modi di avvicinare tra loro quelle briciole, ma in effetti erano più quelle che lasciavo indietro rsipetto a quelle che riuscivo a trascinare vicino ad altre. non feci nemmeno in tempo ad alzare lo sguardo dopo le parole della ragazza che mi ritrovai una scopa agitata davanti, sgranai gli occhi tirandomi indietro per poi vedere tutte le briciole nel laghetto, quelle oche e quelle anatre non si preoccuparono di usare la calma per avvicinarsi al loro cibo. mi alzai in piedi con un sorriso, guardai un istante gli animali poi sentii uno strano fischio perforarmi i tipani, infastidica scossi appena il capo, poi mi voltai verso la ragazza ma era già schizzata verso un tipo che sembrava davvero brutto ed antipatico, magari è lui che si chiama marzio, magari è il capo di tutti pensai un istante osservando tutto ciò che gli stavano lasciando, come ad esempio quei grossi guarnti duri che trovavo totalmente insopportabili, erano bruttissimi. mi avvicinai poi ad una panchina vuota sulla quale mi sedetti, lo sguardo mi cadde sulle scarpe completamente sporche. iniziai a pulirle, per quanto fosse possibile. mia madre si sarebbe arrabbiata come sempre, ma poi le avrebbe lavate per evitare che mi sentissi un'altra predica anche a scuola dalla coach. Ho fame. Ti va un frullato, o qualcosa del genere? riconobbi la voce, l'avevo sentita tipo cinque minuti prima quindi non mi fu difficile ricordarla. mi voltai verso la ragazza con un grande sorriso ed osservandola innocente con gli occhioni azzurri prontamente illuminati dal sole. dopo essermi voltata ed averle sorriso annuii leggermente con piacere trillai allegra per poi alzarmi dalla panchina.
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CAT_IMG Posted on 3/7/2011, 23:40
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Per fortuna non ci fu alcune discussione circa gli alieni o i miei guanti, e la ragazza, dopo avermi scrutata ancora un attimo con i suoi meravigliosi occhi blu che stavo iniziando ad invidiare, sebbene i miei nocciola non fossero da buttare, acconsentì ad accompagnarmi. Ripensai solo dopo al fatto che fosse una cheerleader e che quindi probabilmente non avrebbe mangiato niente di quello che vendevano al chioschetto del parco. Forse faceva bene, ma non era vita la loro. Ok, al chioschetto vendevano solo cose ipercaloriche e dannose per il corpo, ma non potevano privarsi di tutto ciò che superasse le 2 calorie! Anche perchè il cervello aveva bisogno di zuccheri. Me lo ripetevo ogni qualvolta mi guardassi allo specchio e mi vedessi leggermente ingrassata. Era una buona scusa. E poi lo zucchero risollevava l'umore. Se erano arrivati a scriverlo anche sugli assorbenti, doveva esserci un motivo no? Gli scienziati avevano stabilito che la cioccolata migliorava l'umore nella nostra settimana no, perchè andare contro i dottori? Io ero ligia al dovere anche in quello. Le porsi la mano per aiutarla ad alzarsi dalla panchina. Non ne aveva bisogno, ovviamente, ma era un gesto carino, pura galanteria e gentilezza. Già, perchè prima di tutto io ero una ragazza gentile ed educata. Forse potreste stupirvi, ma le carcerate, o le ex carcerate, non sono piene di tatuaggi, brutte, simili ad uomini e rozze. Non tutte almeno. Io ne ero la prova vivente, ed ero pronta a combattere per affondare l'ennesimo pregiudizio.
E così frequenti la McKinley, giusto? Ho riconosciuto la divisa delle cheerios. Ho scritto un articolo su di voi una volta, ma forse è meglio che tu non lo legga. Non la conoscevo personalmente, e non sapevo come fosse caratterialmente, ma di sicuro potevo affermare che la cosa migliore era lasciarla all'oscuro di quell'articolo. Anche se effettivamente mi ero lasciata già sfuggire qualcosa. Non era colpa mia, non avevo resistito perchè odiavo le cheerleader come genere di persone, e quando mi avevano proposto un articolo sui metodi di Sue Silvester, non mel'ero fatto ripetere due volte, e mi ero ritrovata in men che non si dica ad indagare riguardo alcune bevande super-proteiche che la bionda insegnante sembrava fornire alle proprie atlete senza distinzione alcuna e senza dare loro possibilità di scelta. Avevo svolto un sondaggio, e più della metà di loro non sapeva cosa ci fosse in quella bevanda misteriosa. Sarei andata più a fondo se solo avessi avuto dei fondi per reperire materiale, e se solo Sue Silvester non mi avesse bloccata in ogni modo. Avevo un conto in sospeso con lei. Mentre camminavamo, lasciai scivolare lo sguardo altrove, ignorando gli sguardi della gente che sempre più stranita osservava la strana coppia, cioè noi che in quel momento parevamo delle bambole in costume di carnevale, e che parlottava dicendo chissà cosa, e mi misi a fissare l'insegna vistosa seppure fatta evidentemente a mano del chioschetto al centro del parco. Ero solo uno dei tanti ambulanti che si guadagnava da vivere con quello che aveva.
 
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CAT_IMG Posted on 4/7/2011, 10:07
















BRITTANY SUSAN PIERCE
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iniziammo ad avviarci verso il chiosco, il mio andamento era piuttosto allegro, i passi a volte tendevano ad alternarsi con piccoli saltelli. e proprio in quei piccoli saltelli sentivo la coda che si dimenava lassù, spostandosi da tutte le parti. ma se proprio vogliamo soffermarci sulla coda, allora devo dire che in effetti non mi piaceva molto, la dovevo tenere solamente per gli allenamenti delle cheerios. i capelli sciolsi, loro si che li adoravo, potevo tenerli come volevo, leggermente ondulati con qualche boccolo, oppure lisci. spesso nel dover tenere la coda mi macava usare quella piastra rotonda, infatti mi facevo la cosa, e ci piazzavo qualche boccolo anche sui capelli legati. non era la stessa cosa, ma era comunque un qualcosa in fin dei conti. mi voltai verso sinistra, solamente per poter ammirare ancora una volta il verde di quel parco, ma vidi un uomo guardarci male. con aria innocente gli sorrisi e lo salutai con un semplice gesto della mano. l'uomo si alzò dalla panchina su cui era seduto e se ne andò. io alzai e riabbassai le spalle continuando a camminare con la ragazza, evidentemente quel tizio si è svegliato male. pensai un istante per poi voltarmi verso la mora quando la sentii parlare. E così frequenti la McKinley, giusto? Ho riconosciuto la divisa delle cheerios. Ho scritto un articolo su di voi una volta, ma forse è meglio che tu non lo legga. un articolo, un articolo era un qualcosa con tante parole, una volta avevo provato a leggere un articolo, cioè più che altro santana mi aveva fatto un riassunto del suo contenuto poi me lo aveva piazzato davanti, così incuriosita tentai di leggerlo, ma troppi paroloni di cui non sapevo il significato mi attaccarono, così rilanciai il giornale all'altra cheerleader. non ti preoccupare, non amo leggere dissi ingenuamente con un sorriso. arrivammo poi a quel chioschetto. oddio non ero sicura del fatto che volesse fermarsi in quello ma ormai mi ero piazzata davanti al bancone a guardare il tizio che ci lavorava, tra l'altro sembrava guardarci in modo cupo, in modo aggressivo ma anche terrorizzato. non lo capii, proprio no.
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CAT_IMG Posted on 6/7/2011, 21:59
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"Ecco sono quì, Pippi Calzelunghe così mi chiamo". Mi risuonava il motivetto della sigla del famoso telefilm. La sapevo a memoria perchè spesso mi ero persa davanti alla televisione a seguire le avventure di quella ragazzina spensierata, tanto forte da essere se stessa strana eppure non abbassare mai lo sguardo di fronte agli sguardi straniti degli altri o di fronte alle frecciatine del mondo. Ecco in quel momento mi sentivo un po' come Annika, che sorrideva nel camminare accanto a Pippi, o nel mio caso a Brittany. Si perchè Brittany con quel suo passo altalenante, con la coda di cavallo, e con quel suo modo di fare così infantile e fresco, era una perfetta sosia della protagonista del film. E salutò anche un uomo che ci fissava straniti, senza preoccuparsi del fatto che probabilmente ci avrebbe scambiate per matte. Ed io stessa la stavo prendendo per matta in quel momento. In un certo senso mi piaceva quel suo modo di essere così anticonvenzionale, nel senso più acceso del termine. Forse io ero troppo attenta alla realtà circostante ed avevo un occhio particolarmente acuto, abituato ad osservare le piccole minuzie che facevano da sfondo alla mia vita, e non riuscivo a svegliarmi senza poter leggere il giornale. C'era chi aveva bisogno del caffè. Io mi svegliavo leggendo il giornale. E mi veniva quasi spontaneo scrivere, anche se era solo il giornalino scolastico, che nessuno si degnava mai di leggere. Così rimasi stranita dalla sua risposta, ma mi ritrovai a stringermi nelle spalle, quando la bionda sorridendo mi superò piazzandosi di fronte al chioschetto più vicino. Io la seguii a ruota, interrompendo lo scambio di occhiatacce tra lei e l'uomo anziano che lavorava dietro al bancone. Accennai un sorrisetto affiancando Brittany e rivolgendo un sorriso all'uomo.
Tranquillo Joe, è con me. Vorrei un frappè alla cioccolata... Un grugnito. Ecco quale fu la risposta di Joe. Lo conoscevo da tempo ormai perchè ero una cliente abituale del suo chioschetto. Capitava a volte che finissi i lavori socialmente utili a notte fonda, e l'unica persona pronta a scambiare due chiacchiere al parco senza richiedere niente in cambio era proprio lui. Lui non giudicava. Lui viveva la sua vita, ed aveva un forte spirito che lo portava a schierarsi sempre dalla parte dei più deboli. E cosa importante, detestava le cheerleader ed i giocatori di football, che andavano da lui schifati ed ordinavano un'insalata. Ovviamente lui non faceva insalate e li mandava via in malo modo. Ma stavolta era diverso, perchè Brittany era con me, potevo garantire che non era una delle solite oche vestite di rosso pronte a saltellare e sculettare a ritmo di musica scadente per incitare ed eccitare ragazzi dal fisico aitante ed il cervello più piccolo di quello di una formica. Sia io che lui ci voltammo a guardare la bionda, in attesa che ordinasse qualcosa, sempre che avesse fame. Non lo avevo capito bene. In effetti le avevo solo chiesto di farmi compagnia, ma era implicito il messaggio: se voleva qualcosa poteva ordinare tranquillamente. Avrei offerto io, o meglio Joe, stavolta. Non navigavo nell'oro ma potevo permettermi un frappè o un gelato o qualunque cosa volesse mangiare in quel momento. Se avesse voluto mangiare.
 
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brittänÿ
CAT_IMG Posted on 7/7/2011, 18:20
















BRITTANY SUSAN PIERCE
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ero abituata ad essere fissata dalla gente che mi stava intorno. c'era chi mi guardava con occhi sognanti, ancora non avevo capito molto il motivo, ma a quanto pare avevo un fisico che piaceva ai ragazzi, oppure semplicemente perchè qualcuno sarebbe voluto essere una cheerio come me. e poi c'era chi mi guardava male e mi dava della stupida. quel senso tanto duro di quell'aggettivo in effetti a volte mi faceva star male, certo la cosa dipendeva anche molto dalla persona che diceva quella parola. ma alla fine cercavo di andare avanti per la mia strada cercando di pensarci il meno possibile. tranquillo joe, è con me. vorrei un frappè alla cioccolata... dopo aver sentito quelle parole mi sentii osservata da entrambi. alzai il capo che avevo appoggiato su entrambi i pugni, guardai prima il tizio, poi mi voltai verso la ragazza e ritornai sull'uomo. oh, dissi guardandomi attorno cercando ispirazione per cosa prendere. per me un gelato da tre, cioccolato.. lasciai un istante in sospeso i gusti per guardare bene quali c'erano. lessi attentamente i nomi, diciamo che più che altro guardai i colori e cercai di connetterli ai gusti. cioccolato, viola e limone squillai con un sorriso per poi fare un piccolo saltellino sul posto. non mangiavo un gelato da una vita, troppo, se fosse stato per me mi sarei presa la confezione da portare a casa, ma sarebbe stato troppo pericoloso. se la coach mi dovesse scoprire molto propabilmente mi strapperebbe subito la divisa da cheerleader.
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CAT_IMG Posted on 9/7/2011, 22:29
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Vedere Joe così silente e poco convinto, quasi mi faceva sorridere. Lui sembrava così tanto forte e spensierato, in realtà era semplicemente un reietto, un po' come Rosso Malpelo, così tanto ridicolizzato dalla società da farlo ribellare contro coloro che proprio aveva odiato. Mi era sempre stato vicino, ecco perchè ci tenevo affinchè si fidasse di me. E poi non avevo intenzione di fare niente di compromettente con Brittany. Quindi poteva stare tranquillo. In un certo senso, lui si preoccupava per me quasi più dei miei genitori, o di mia sorella. Mi diede un'ultima occhiata prima di voltarsi per preparare il mio freppè ed il suo gelato. Ci diede tutto, e grugnì qualcosa del tipo "Scusate se non è all'altezza di una cheerleader.." Non ci badai troppo, e sperai che Brittany facesse altrettanto, anche perchè non lo diceva con cattiveria, ma era solo istinto ed abitudine. Presi il bicchierone col frappè e lasciai che la bionda si prendesse la sua coppa a tre gusti. Feci un occhiolino a Joe sorridendo, sapendo che non avrebbe mai chiesto a me, la sua adorata, di pagare. Non me ne stavo approfittando, era una sorta di accordo che c'era tra di noi. Da quando andavo lì, mi ero confidata con lui, e lui mi aveva sempre detto che avrei pagato quando sarei diventata ricca.
Metti tutto sul mio conto! Esclamai voltandomi dandogli un ultimo sorriso, che lui non riuscì a non ricambiare, sciogliendosi finalmente e dischiudendo le labbra così da smuovere le piccole rughe che vi erano intorno, e poi al fianco di Brittany mi incamminai verso uno dei tavolini. Mi accomodai su una sedia. Erano comode, anche se erano delle semplici poltrone di plastica. I cuscini su quelle li aveva cuciti la moglie di Joe. Anche lei era una donna in gamba. Mi avvicinai le cannuccia alle labbra, e bevvi un sorso di frappè. Era decisamente dolce e fresco, quello che mi serviva in un momento simile. Lanciai uno sguardo a Brittany, stringendomi nelle spalle.
Dimmi qualcosa di te. Qualcosa che non sa nessuno. Era una richiesta strana ed azzardata. Un po' come me del resto. Rispecchiava in pieno il mio carattere. Dopotutto, non potevamo certo parlare d'altro se non di noi in quel momento, perchè non ci conoscevamo affatto, e di lei sapevo solo che faceva la cheerleader e che le piaceva il gelato, di nascosto dalla sua coach. Non bastava per potermi fidare o per poter dire qualcosa di più profondo. Le stavo lasciando un certo margine di scelta in quel momento. Poteva dirmi una cosa di poco conto, superflua, oppure qualcosa di più sincero e profondo.
 
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brittänÿ
CAT_IMG Posted on 11/7/2011, 18:11
















BRITTANY SUSAN PIERCE
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sinceramente non capii nemmeno cosa borbottò il tizio del chisco quindi lasciai anche perdere, non che mi importasse particolarmente. quando mi porte il mio cono con quei tre gusti che tanto amavo realizzai di non aver le tasche nella divisa da cheerleader, e quindi che non avessi dietro nemmeno una di quelle monetine più piccole e remote. rimani un istante a fissare quel cono, come se intanto gli ingranaggi immaginari nella mia mente fossero impazziti alla speranza di trovar una qualche scusa per dire di non aver soldi, solitamente davo da mangiare agli anatroccoli e filavo a casa per trovare le fatine ancora svegliere in modo da dar loro la buona notte, alcuni giorni andavano a dormire davvero troppo presto, e come scusa usavano il fatto che la mattina dovessero alzarsi presto per andare a lavorare. non le capivo a volte, proprio no. metti tutto sul mio conto! ecco quelle parole furono davvero la mia salvezza, sorrisi al sentirle ed iniziai a mangiar con gusto il mio gelato. ero totalmente innamorata soprattutto del gusto della viola, e non poterla mangiare soprattutto in estate era una cosa che mi faceva impazzire, anche se dopo tutto mi ero tipo abituata. seguii la ragazza fino ad arrivare a degli strani tavolini. li avevo sempre visti ma non mi ero mai seduta su di essi. ora invece mi accomodai tranquillamente appoggiando il braccio libero al tavolo mentre con l'altro reggevo saldo il gelato che continuava a sciogliersi da tutte le parti, infatti stavo impazzendo a cercar di prendere in tempo tutte le goccioline. dimmi qualcosa di te. qualcosa che non sa nessuno. a quella strana richiesta lasciai un attimo stare il gelato per guardare confusa la mora. inclinai leggermente il capo poi mangiai ancora un istante il gelato. sono abbastanza sicura che il gatto mi legga il diario nel dire quelle parole guardai la ragazza, ma la mia espressione ed il mio sguardo erano completamente assenti, a fissare un punto qualsiasi.
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CAT_IMG Posted on 19/7/2011, 23:23
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Dovevo ammetterlo, ero affascinata da quella ragazza, dal suo modo di fare così frivolo e semplice, dal suo essere se stessa in ogni attimo della sua esistenza, quando io invece mi sentivo così imbranata da prendere un frappè per evitare di sporcarmi. Lei invece mangiava tranquillamente il suo gelato, anche se iniziava a gocciolare, cosa che odiavo perchè veramente mi sporcavo ogni volta che mangiavo un gelato. La guardai almeno fino a quando non mi rispose. Ok, mi resi conto in ritardo di averla fissata un po' troppo mentre bevevo il mio frappè e di averla spiazzata con una domanda simile. Era logico che da parte sua avesse cercato di ironizzare parlandomi di un gatto che legge il suo diario. Io odiavo particolarmente gli animali. O meglio, non li odiavo, ma non avevo un buon rapporto con loro. Mi facevano effetto i rettili, soprattutto i serpenti, ed avevo una paura matta per i cani. Per di più credevo di essere allergica ai gatti, ed al loro pelo. Ma sorrisi perchè quella sua battuta così improvvisa mi parve quasi seria inizialmente. Distolsi la cannuccia dalle labbra, per poter parlare di nuovo, prendendo il controllo della situazione così da non far cadere il discorso nel silenzio.
Il che significa che hai un diario...cosa hai di così misterioso da nascondere? Alzai un sopracciglio incuriosita. Si, potevo passare per ficcanaso, ma ero abituata a sentirmi dare della troppo curiosa, perchè in un certo senso faceva parte del mio "lavoro". Quindi ero portata ad essere acuta e curiosa. Era la mia natura e non potevo fare a meno di essere me stessa con chiunque. Compresa una bionda cheerleader stramba e carina che parlava di gatti pazzi, un po' come Alice nel paese delle meraviglie. Anzi, se mi avesse anche detto che aveva incontrato un bruco che fumava allora avrei seriamente pensato che la sua imitazione fosse perfetta. Se si stava prendendo gioco di me, doveva sapere che non era la strada giusta, perchè non mi facevo abbattere tanto facilmente. Non mi importava di quello che la gente diceva di me o le voci che circolavano sul mi oconto. Mi interessava solo sentirmi in pace con me stessa, e lo ero, quindi non mi avrebbero mai abbattuta con dei giudizi errati.
 
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16 replies since 28/6/2011, 16:52   215 views
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